Umido & bioplastiche compostabili, l’alleanza amica della terra – Il ruolo del consorzio Biorepack

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Un esempio virtuoso di bioeconomia circolare: Biorepack, il consorzio nazionale per il riciclo organico degli imballaggi in plastica biodegradabile e compostabile lavora per garantire il corretto smaltimento di questi manufatti, insieme ai rifiuti organici. In appena due anni di attività ha permesso di superare gli obiettivi di riciclo fissati per il 2030

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Clicca sul play per guardare l’intervista a Carmine Pagnozzi, Biorepack.

È l’ultimo nato del sistema CONAI ma, in meno di tre anni di attività, il consorzio nazionale per il riciclo organico degli imballaggi in plastica biodegradabile e compostabile Biorepack ha permesso di tagliare un traguardo di tutto rispetto. Nel 2022 l’Italia ha infatti già raggiunto e superato l’obiettivo di riciclo delle bioplastiche compostabili fissato per il 2030: 60,7% (46.600 tonnellate a fronte di 76.800 immesse sul mercato). Oltre cinque punti in più rispetto al target di fine decennio.

Biorepack BRK Una prova tangibile di quanto sia importante per l’Italia poter contare su un consorzio dedicato agli imballaggi compostabili (buste per la spesa ma anche piatti, bicchieri, posate, pellicole, retine e cialde per bevande). La loro peculiarità? Una volta inviati agli impianti di trattamento, al pari dei rifiuti umidi si trasformano in compost, fertilizzante naturale che aiuta a riportare sostanza organica e preziosi nutrienti ai terreni agricoli italiani.

Quello di Biorepack è il primo esempio al mondo di consorzio dedicato al fine vita delle bioplastiche compostabili, materiale innovativo ideato nell’ambito della bioeconomia circolare e pensato proprio per agevolare la raccolta della frazione umida dei rifiuti solidi urbani, consolidando e chiudendo il cerchio del riciclo organico.

Il metodo di funzionamento alla base delle attività di Biorepack mutua quello degli altri consorzi che già dal 1997 si occupano della gestione del fine vita di altri materiali (vetro, alluminio, acciaio, plastiche tradizionali, legno, carta e cartone): le aziende produttrici di imballaggi in bioplastica compostabile versano un contributo obbligatorio al consorzio (il cosiddetto “contributo ambientale Conai”), per ogni tonnellata di materiale prodotto. Biorepack poi distribuisce questi introiti ai Comuni o ai soggetti da loro delegati alla gestione dei rifiuti. In questo modo, i costi di raccolta, trasporto e trattamento degli imballaggi compostabili vengono coperti grazie ai soldi versati dalle aziende del comparto.

Biorepack foto VersariLe cifre sono tutt’altro che marginali: “nell’ultimo anno – ricorda Marco Versari, presidente di Biorepackabbiamo riconosciuto ai Comuni 9,3 milioni di euro di corrispettivi economici, 1,8 milioni in più rispetto all’anno precedente”. Il sistema peraltro premia chi è più virtuoso a effettuare la raccolta dell’umido, sia in termini di quantità che di qualità. “Più la raccolta dell’organico e delle bioplastiche compostabili è pura (ovvero priva di materiali estranei), più il corrispettivo versato ai Comuni aumenta, fino ad arrivare a 250 euro a tonnellata” ricorda Versari.

Qui entrano in gioco altre due delle attività svolte da Biorepack: da un lato il consorzio è infatti al fianco dei Comuni convenzionati (sono finora più di 3700, nei quale risiedono 38 milioni di abitanti, pari al 64% della popolazione nazionale) per aiutarli a rendere più efficace la raccolta dell’organico. Dall’altro sviluppa e sostiene iniziative di comunicazione che educano i cittadini a gettare nell’umido solo ciò che poi, negli impianti di trattamento, può essere trasformato in compost: una raccolta il più possibile priva di componenti estranee infatti non porta solo un vantaggio economico agli enti locali. Trattare correttamente i rifiuti organici e compostabili (che rappresentano tra il 30 e il 40% del totale) permette di organizzare al meglio il servizio di raccolta anche degli altri materiali. Inoltre, facilita il lavoro degli impianti di trattamento (ce ne sono oltre 150 in Italia tra impianti anaerobici, impianti di compostaggio e integrati) e minimizza la quota di rifiuti organici scartata durante le attività di eliminazione delle frazioni non compostabili con importanti ricadute ambientali: meno scarti da mandare a termovalorizzazione o in discarica e più materia da trasformare in compost. Un tassello essenziale per centrare l’obiettivo che l’Unione europea si è data di contrastare il degrado dei suoli, che comporta il rilascio di anidride carbonica nell’atmosfera, aumenta l’erosione e diminuisce le rese agricole.

Biorepack impianto compostaggio

“Avere cittadini capaci di fare una corretta raccolta dell’umido e di riconoscere gli imballaggi compostabili da conferire insieme ad esso è indispensabile” commenta Versari. “Ma accrescere tale consapevolezza richiede investimenti adeguati che spesso i Comuni, soprattutto quelli minori, da soli non possono sostenere. Biorepack è quindi al loro fianco in questo lavoro, per raggiungere tutte le aree del Paese. Dalle grandi città ai piccoli centri. Vincere la sfida che abbiamo davanti è interesse di tutti”.