Revisione normativa europea sugli imballaggi: sindacati e imprese chiedono una sostenibilità concreta e che sostenga il riciclo.
Le OOSS, Assocarta, Assografici rappresentano una filiera che tutt’intera fattura circa 25 miliardi di euro (1,4% del PIL), con circa 160.000.00 (centosessantamila) addetti e che è campione di circolarità con l’80% di riciclaggio nel settore dell’imballaggio.
Commissione, Parlamento e Consiglio stanno discutendo la revisione della normativa degli imballaggi: l’Italia può e deve giocare una partita di tutto rilievo, in considerazione degli obiettivi già raggiunti in materia.
La proposta di revisione della normativa imballaggi, così come ad oggi formulata, per le scriventi appare non corretta sotto il profilo dello strumento e dei contenuti.
La proposta di revisione sarà un Regolamento, in quanto tale immediatamente applicabile in tutti i Paesi Membri, ma non tiene ad oggi conto delle differenze tra i vari Paesi, anche in termini di raggiungimento degli obiettivi di riciclaggio: il rischio è di mettere in crisi la nostra economia del riciclo, economia che genera stabile occupazione, ricchezza e crescita.
La Commissione, inoltre, si pone l’obiettivo di ridurre gli imballaggi, e i prodotti monouso, a prescindere dalla loro funzione d’uso (lotta allo spreco alimentare, tutela della sicurezza e della salute dei consumatori e dell’integrità dei prodotti) e dalle motivazioni economico e sociali che ne determinano l’immesso in consumo.
Per ridurre gli imballaggi, la Commissione spinge sul riuso e impone restrizioni ai prodotti monouso, senza supportare questi obiettivi e restrizioni con analisi LCA che dimostrino che tali azioni porterebbero ad un miglioramento ambientale. Gli imballaggi a base cellulosica (materiale rinnovabile e biodegradabile) non dovrebbero avere obiettivi di riuso, ma piuttosto obiettivi di riciclo più ambiziosi. Ugualmente i prodotti monouso in carta non dovrebbero essere sottoposti a restrizioni, in quanto riciclabili ed effettivamente riciclati.
Nel rinnovare l’apprezzamento per le posizioni già espresse dal MASE e dal MIMIT e dall’intero Governo sulla proposta di revisione della normativa sugli imballaggi, in occasione del Consiglio di marzo, chiediamo al Governo di continuare a difendere il modello italiano di economia circolare, fatto di concretezza e votato all’economia del riciclo. Un modello che ha già dimostrato di saper conciliare proficuamente tutela dell’ambiente e mercato interno.
Per rendere efficace questa difesa, sarà necessario un incessante lavoro diplomatico con gli altri Governi e le Istituzioni europee, sul quale siamo disponibili a dare il nostro contributo in termini di dati ed argomentazioni.
Come filiera della carta, qui di seguito, sottolineiamo gli aspetti che, a nostro avviso, meritano attenzione e una possibile convergenza a livello europeo:
1. RICORSO AL REGOLAMENTO. È essenziale che:
– l’uso degli Atti Delegati sia limitato (produce incertezza sulle norme);
– il CEN e i settori industriali siano coinvolti nell’elaborazione degli stessi Atti (le norme sulla riciclabilità, per esempio, sono molto tecniche);
– agli Stati Membri non sia concesso di introdurre misure incrementali (come obiettivi incrementali di riuso, come restrizioni aggiuntive su tipologie di imballaggi o prodotti monouso) che vanificherebbero quella armonizzazione che si vorrebbe proprio perseguire con il Regolamento.
2. RIUSO VERSO IL RICICLO. È la Commissione che ha creato i presupposti per una “disputa ideologica” priva di senso tra questi strumenti “spingendo” indiscriminatamente (a prescindere anche delle caratteristiche dei diversi materiali) verso il riuso, ignorando il principio fondamentale della legislazione europea vigente secondo il quale la gerarchia dei rifiuti va interpretata alla luce del “miglior risultato ambientale conseguibile”. Per chiudere questa “disputa”, servono norme e obiettivi differenziati a seconda dei diversi materiali utilizzati:
– il principio del “miglior impatto ambientale conseguibile” andrebbe reintrodotto;
– gli imballaggi a base cellulosa andrebbero esentati dagli obiettivi di riuso (con particolare attenzione alla protezione dei prodotti microbiologicamente sensibili e agli imballaggi a contatto con alimenti);
– le restrizioni verso gli imballaggi e i prodotti monouso in carta, già oggi perfettamente riciclabili e ampiamente riciclati, andrebbero eliminate;
– attualmente, la carta ha obiettivi di riciclo diversi e molto più alti degli altri materiali, obiettivi che il nostro settore è disponibile a rivedere al rialzo.
3. RICICLABILITÀ. In tema di riciclabilità:
– andrebbero riviste le definizioni, rendendole non discriminatorie verso i diversi materiali e aderenti a quelli che sono oggi i processi tecnici di riciclo. Nella carta tutti i materiali a base cellulosa (anche le riviste e i libri, non solo gli imballaggi) vengono riciclati in un unico processo industriale, dal quale nascono varie tipologie di carte che possono essere impiegate per diverse applicazioni, sempre all’interno della filiera;
– i concetti di “sistema chiuso” e di “riciclo di alta qualità”, così come ora espressi dalla Commissione e anche dal Report Ries, mal si adattano alla nostra filiera e all’economia circolare; – la definizione stessa di materia prima seconda andrebbe corretta;
– la Tabella 3 dell’allegato 2 (Design for recyling) è fuorviante e superficiale, l’elaborazione di queste norme tecniche va affidata al CEN;
– occorre poi impegnare in modo vincolante gli Stati Membri e le loro amministrazioni a sviluppare la raccolta differenziata. Senza di essa sarebbe inutile porre condizioni stringenti di riciclabilità su larga scala a tutti gli imballaggi, rischiando di mettere fuori mercato intere categorie di imballaggi.
4. CONTENUTO DI RICICLATO NEGLI IMBALLAGGI IN PLASTICA. Ferme tutte le criticità evidenziate sulla sostenibilità tecnica di queste norme (disponibilità di materiale riciclato, normativa imballaggi a contatto con alimenti) occorre:
– introdurre una definizione di imballaggio in plastica, stabilendo una soglia, per rendere chiaro l’ambito di applicazione di queste norme.
In questo modo l’Italia creerebbe le condizioni per “difendere” anche il proprio recepimento della cosiddetta Direttiva Sup.
5. QUALITÀ OCCUPAZIONALE. Va ulteriormente sottolineato che l’industria riguardante la filiera della carta ha prodotto e continua a produrre buona occupazione con bassissima percentuale di precariato, elevata specializzazione e retribuzioni più che dignitose. Elementi che non solo vanno salvaguardati ma anche valorizzati.