Due mandati alla Presidenza dell’Istituto Italiano Imballaggio, quattro anni nei quali il packaging è passato dalla demonizzazione all’essere utile e indispensabile durante la pandemia. Ripercorriamo in questa chiacchierata informale con Anna Paola Cavanna, primo presidente donna, il suo percorso alla guida dell’Istituto Italiano Imballaggio, un percorso ricco di successi che hanno contribuito a ridare a questo comparto il giusto valore.
A maggio, un mese che per il settore del packaging sarà ricco di appuntamenti, e che si aprirà con la fiera di Milano Print4All in contemporanea con Ipack-Ima e Plast, che proseguirà a metà mese con il congresso di Giflex a Roma, ci sarà anche il rinnovo delle cariche in seno all’Istituto Italiano Imballaggio, col doppio mandato alla Presidenza di Anna Paola Cavanna che volge al termine.
Quale migliore occasione dunque per una chiacchierata informale per un bilancio di questo percorso associativo, che fra diverse difficoltà, ha inciso notevolmente sulle strategie presenti e future dell’Istituto Italiano Imballaggio, che ricordiamo rappresenta tutte le categorie di materiali coi quali vengono prodotti gli imballaggi.
Personalmente non posso che ringraziare il mio lavoro, quello di giornalista di settore, che dandomi l’opportunità di partecipare ai numerosi eventi proposti dalle associazioni, mi ha fatto dapprima conoscere Anna Paola e di instaurare con lei un filo diretto, che soprattutto nel mezzo della pandemia ci ha permesso di raccogliere diverse interviste e rilanciarle sulla nostra rivista e portale, dando voce a un settore che si è dimostrato vitale, presente e sempre più attento agli aspetti legati alla sostenibilità e all’economia circolare, perché una cosa dev’essere ben chiara, i primi a chiedere regole precise sulla gestione degli imballaggi a fine vita sono proprio gli attori protagonisti di questo straordinario e vitale settore, dai produttori di materiali e tecnologie agli stampatori, converter e produttori di imballaggi.
A tu per tu con Anna Paola Cavanna, Presidente Istituto Italiano Imballaggio
Partiamo dal fondo: c’è qualche cosa che avreste voluto realizzare e che non siete riusciti a portare avanti?
“Avrei voluto avviare un progetto formativo dedicato ai giovani, era tutto pianificato, ma la pandemia ci ha ostacolato, visto e considerato che avremmo dovuto girare nelle scuole per presentarci, far conoscere il nostro settore, valorizzare il contributo del packaging nella società odierna, e soprattutto evidenziare le nuove professionalità legate al nostro mondo, dando quindi anche degli input di sbocco professionale ai giovani studenti. Confido però che il nuovo Presidente lo possa portare avanti, esattamente come feci io all’inizio del mio mandato, riprendendo i progetti già avviati in precedenza. Il senso di un’associazione è anche quello di valorizzare ciò che di buono già c’è”.
Pre e post Covid: come cambia il settore dell’imballaggio, soprattutto nella percezione dei consumatori?
“Siamo passati da un settore preso di mira dai movimenti ambientalisti e da figure quali ad esempio Greta Thunberg alla rivalutazione del packaging durante la pandemia quando effettivamente i consumatori hanno potuto toccare con mano il suo ruolo fondamentale svolto soprattutto nell’ambito alimentare e farmaceutico. Oggi l’aspetto primario da prendere in considerazione quando si parla di packaging è la sua funzione di protezione e conservazione del cibo, onde evitare lo spreco alimentare, che è quanto di più insostenibile ci possa essere.
Adesso che finalmente iniziamo a vedere un graduale ritorno alla normalità noto la volontà di profondi interventi e di cambiamento, sul packaging. Il discorso va affrontato con una certa onestà di fondo: è indiscusso che alcune tipologie di packaging siano superate, che bisogna evitare l’over-packaging, proporre soluzioni sempre più sostenibili e riciclabili. Vedo un impegno profuso e dilagante del mondo industriale per proporre soluzioni che soddisfino questi crismi, anche se non è facile, soprattutto in un momento come questo dove la carenza di materie prime e l’aumento dei costi energetici hanno mescolato nuovamente le carte in tavola. Quando si parla di sostenibilità, bisogna ragionare sempre in un’ottica di equilibrio, perché tutti gli aspetti vanno presi in considerazione, da quello ambientale al sociale, non tralasciando quello economico”.
Nel settore imballaggio le affermazioni dei produttori dei vari materiali sono tante e varie e tutti tendono a difendere la propria soluzione: dal vostro osservatorio privilegiato e neutrale, cosa ti senti di dire ai vari comparti? Esiste un materiale e quindi un processo industriale a monte che sia davvero il più sostenibile e rispondente ai dettami dell’economia circolare?
“Il 4 maggio presenteremo a Ipack-Ima, a Milano, un algoritmo che sarà alla base di un innovativo strumento sviluppato dalla Commissione Sostenibilità della Fondazione Carta Etica del Packaging.
L’algoritmo rappresenta un rating che permette di attribuire un valore numerico al posizionamento dell’azienda rispetto al tema della sostenibilità, valutando sia la presa di coscienza della problematica da parte dell’organizzazione, sia le attività concrete messe in atto per il perseguimento dell’obiettivo. L’algoritmo permette anche evidenziare i punti di miglioramento su cui l’azienda deve lavorare, nel rispetto delle normative vigenti nel settore in cui si trova ad operare.
Si tratta di un significativo passo per tradurre la teoria in azioni pratiche. Detto ciò, sappiamo benissimo che non esiste la soluzione di packaging ideale, bensì esistono materiali e imballaggi migliori per quella determinata applicazione. Negli anni scorsi abbiamo assistito a un continuo proliferare, nei punti vendita, di alimenti sfusi e anche qui si è ben presto capito che non era la soluzione corretta da percorrere, dettata più da una moda del momento, da un voler portare avanti un’idea, che poco ha a che fare con la sicurezza, l’igiene, il trasporto, la conservabilità, tutte tematiche sulle quali l’industria del packaging si è impegnata per anni al fine di fornire risposte precise e rassicuranti ai consumatori.
Oggi il messaggio da trasferire ai consumatori, ed è questo l’ambito nel quale la nostra industria, aiutata anche dal legislatore, deve compiere ancora degli sforzi, è quello di informare correttamente sullo smaltimento di questi materiali a fine vita. Su questo aspetto c’è anche molto lavoro da fare coi giovani e nelle scuole. Per concludere mi sento di dire che ogni associazione dovrebbe evitare l’autoreferenzialità, mettendo al bando inutili campanilismi, e lavorare sulle proprie filiere e stimolare le aziende a sviluppare soluzioni riutilizzabili e ove non possibile, riciclabili”.
La Fondazione Carta Etica del Packaging è senza dubbio il tuo più grande successo. Come stanno procedendo le adesioni e quali progetti sono aperti su questo fronte?
“Questo è un progetto nato nel 2020 che mi ha vista molto coinvolta, tanto è vero che la mia azienda è anche stata la prima a sottoscrivere l’accordo per diventare Ambasciatore della Carta Etica del Packaging.
Oggi siamo arrivati a oltre 20 Ambasciatori in rappresentanza della filiera e le richieste di adesione continuano ad arrivare, segno che c’è un percorso di maturazione e coinvolgimento nella nostra industria molto importante e positivo. Questo dato, insieme agli oltre 400 associati dell’Istituto Italiano Imballaggio, (erano circa 270 le aziende associate all’inizio della Presidenza Cavanna – ndr.) testimonia la voglia delle aziende di partecipare attivamente a nuovi progetti che elevano la consapevolezza all’interno del nostro comparto. Non era scontato in poco tempo riuscire a raggiungere questi risultati, visto anche il periodo, e sono pertanto felice di lasciare al nuovo Presidente un percorso ben avviato.
Sono felice inoltre che il Concorso Best Packaging sia riuscito a concretizzare le idee della Carta Etica del Packaging, dando un prezioso contributo affinché l’ideale diventasse reale. Aver introdotto una visione e un linguaggio nuovi ha dato i suoi frutti”.
A livello personale cosa ti lascia questa esperienza?
“Confesso il mio dispiacere nell’essere giunta al termine di questo secondo mandato. Sono entrata in questa nuova esperienza in punta di piedi, prima donna a essere eletta alla Presidenza dell’Istituto Italiano Imballaggio, con qualche timore ma anche con la consapevolezza di essere giunta a questo prestigioso incarico in un momento di maturità personale e professionale che mi ha consentito di mettermi in gioco per portare avanti le mie idee e i progetti. In questi anni di impegno associativo ho costruito una rete di relazioni professionali e non, molto proficua da tutti i punti di vista: sicuramente continuerò a mantenere vivi anche in futuro questi contatti. Ho dedicato a questa esperienza tanta passione e tanto tempo, e ho notato un generale apprezzamento durante i vari seminari, convegni, assemblee a cui ho partecipato direttamente. Ho capito che gli associati avevano bisogno di una figura di Presidente presente anche fisicamente.
Inoltre il nuovo assetto organizzativo, guidato da Francesco Legrenzi, ha contribuito a dare un nuovo impulso alla vita associativa. Parallelamente si è creato un gruppo di consiglieri, in rappresentanza di importanti realtà produttive e brand owner, molto coeso e dove ognuno ha sempre dato molto più del contributo richiesto per svolgere questo ruolo. Continuerò a dare il mio contributo alla vita associativa, c’è un progetto già delineato che mi sta molto a cuore, quello della pubblicazione di un libro sul packaging perché ritengo necessario lasciare agli atti un documento che racconti la storia di questo settore, che è anche un comparto economico importante per il nostro Paese che merita di essere raccontato”.