Giflex: dal protocollo di filiera parte un nuovo percorso per dare nuova vita agli imballaggi in plastica

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16 dicembre 2021, Roma MISE – Firma protocollo di filiera, da sinistra: Giancarlo Giorgetti (Ministro Sviluppo Economico), Alberto Palaveri (Giflex), On. Vannia Gava (Sottosegretario Ministero Transizione Ecologica), Paolo Barilla (Unione Italiana Food), Riccardo Cavanna (Ucima)

Lo scorso mese di dicembre Giflex con Ucima e Union Food hanno firmato un protocollo d’intesa col Ministero dello Sviluppo Economico e della Transizione Ecologica per arrivare a recuperare e riciclare circa 50.000 tonnellate di materie plastiche da destinare ad una seconda vita, ipotizzando, come target di partenza, un recupero e riciclo del 50% di imballaggi flessibili raccolti. Abbiamo intervistato il presidente di Giflex Alberto Palaveri

 

Dallo scorso 14 gennaio, con l’entrata in vigore della direttiva europea, la plastica monouso non biodegradabile e non compostabile è ufficialmente da considerarsi fuorilegge.
Plastica si, plastica no, spesso l’argomento è stato trattato in maniera demagogica e superficiale, da un’opinione pubblica sempre alla ricerca del titolo a effetto. Quante volte ai convegni di settore cui partecipiamo da anni ci siamo ritrovati a discutere all’interno di un perimetro di queste tematiche sulle quali ovviamente non si può che essere tutti d’accordo.
Ma finalmente qualcosa è cambiato negli ultimi anni, complice anche una pandemia che ha riportato il valore e la funzionalità del packaging nella giusta considerazione.

Giflex ha avuto un ruolo molto importante nell’ultimo periodo e anche grazie alla nuova struttura che si è data, e soprattutto col supporto di consulenti specializzati in attività di advocacy, è riuscita a portare avanti presso le sedi opportune, quali il governo e i ministeri interessati, le proprie istanze. E proprio presso la sede del Ministero dello Sviluppo Economico, lo scorso 16 dicembre, è stato firmato il Protocollo d’intesa tra Giflex, UCIMA ed Unione Italiana Food alla presenza del Min. dello Sviluppo Economico Giancarlo Giorgetti e del Sottosegretario al Ministero della Transizione Ecologica, On. Vannia Gava.

Sostenibilità ambientale ma anche economica e sociale
Scienza, investimenti e responsabilità sono le parole chiave da declinare in funzione di una sostenibilità ambientale vera che tenga conto anche degli aspetti sociali ed economici della rivoluzione in atto nel settore dell’industria plastica e in generale nel settore del packaging.
L’Italia è un Paese leader a livello europeo sia nello sviluppo di materiali che di tecnologie per il settore del packaging ma anche per quanto riguarda il rispetto dei parametri dell’economia circolare.
Consideriamo inoltre che questo comparto fattura complessivamente in Italia oltre 11 miliardi di €, dando lavoro a decine di migliaia di persone. Facile dire stop alla plastica, senza pensare a tutte le reali conseguenze che ciò comporterebbe.
Fondamentale dunque essere riusciti a coinvolgere il Ministero dello Sviluppo Economico e della Transizione ecologica per la firma del protocollo d’intesa dello scorso 16 dicembre un punto di partenza per un percorso che sia realmente sostenibile e soprattutto ascoltando al tavolo delle trattative chi rappresenta il tessuto industriale e produttivo.
Consideriamo inoltre che oltre il 50% dell’imballaggio utilizzato nell’industria alimentate è flessibile, il 70% di questi imballaggi già oggi è potenzialmente riciclabile e il protocollo d’intesa siglato lo scorso dicembre mira proprio a implementare e migliorare la riciclabilità di questi prodotti a fine vita, possibilmente con delle linee guida chiare e obiettivi comuni prefissati.
Come abbiamo avuto modo già di raccontare in precedenti articoli scaturiti da tavole rotonde e convegni, tutto parte da una corretta progettazione dell’imballo, per cui l’eco design è fondamentale. Altro elemento importante che può favorire il riciclo è di avere delle materie prime o seconde che effettivamente abbiano un certo valore sul mercato, aiutando quindi l’intera filiera nel processo di economia circolare.

Coinvolgere i consumatori finali ed educarli a comportamenti virtuosi
Se prima i produttori di packaging dovevano assecondare le richieste dei loro clienti, adesso il processo di economia circolare implica un’attenzione anche verso le richieste dei consumatori finali, chiamati a svolgere la prima importante selezione, conferendo gli imballaggi nei corretti bidoni della raccolta differenziata. Anche qui ci sarebbe da aprire una parentesi, perché non è possibile trovare ancora oggi bidoni e sacchi di colore differente a seconda della città dove ci troviamo.
La politica deve dare delle indicazioni più precise e univoche a livello di territorio nazionale. Altro grande problema riguarda l’arredo urbano delle nostre città, sprovviste, se non in rare eccezioni, di bidoni atti alla raccolta differenziata.
Buona volontà da parte dei consumatori per selezionare e raccogliere correttamente ma anche buona volontà dal mondo industriale per continuare a fornire materiali e tecnologie sempre più in grado di soddisfare le esigenze di riciclabilità e sostenibilità. Gli argomenti da trattare e sviluppare da fare sono ancora molti, ma è stato fondamentale essere partiti con un percorso che è solo l’inizio di un progetto che dovrà portare valore a ogni livello e benefici a ogni attore della filiera, dal mondo industriale fino al consumatore finale.

A tu per tu con Alberto Palaveri, presidente Giflex

Alberto Palaveri, Presidente Giflex

Palaveri, ci può raccontare da dove è partito il percorso che vi ha visto arrivare a Roma e firmare, presso il Ministero per lo Sviluppo Economico e con la presenza del Ministero della Transizione Ecologica, il protocollo d’intesa  con le associazioni Ucima (macchine per il packaging) e Unione italiana Food (brand owner industria alimentare)?
“Partendo dalla consapevolezza che era ora di uscire allo scoperto: ascoltare i bisogni dei nostri clienti e cosa chiede il consumatore. L’imballaggio flessibile è la risposta giusta alla richiesta di sostenibilità ma deve aumentare le sue percentuali di riciclo: per fare ciò le aziende Giflex sono impegnate nel progettare e produrre imballi riciclabili.
Spesso però tale processo rallenta poiché ci sono dei colli di bottiglia che vanno superati quali l’aggiornamento delle macchine confezionatrici in rapporto ai nuovi materiali, i sistemi di raccolta e riciclo della frazione mista; la produzione di materie prime seconde adatte a nuove applicazioni in un processo di schema circolare ed efficiente. Non è una battaglia che possiamo vincere da soli!
Ricordo che insieme rappresentiamo 50 miliardi di euro di fatturato complessivo per produzione, confezionamento e vendita di prodotti alimentari nel mondo. Per questo abbiamo firmato un protocollo d’intesa per rendere la filiera alimentare più sostenibile”.

Che cosa prevede la road map dei prossimi mesi? Cosa è indispensabile fare per passare dai proclami ai fatti?
“Intanto, prima di partire per questa avventura, in qualità di presidenti firmatari (Paolo Barilla, Riccardo Cavanna, Alberto Palaveri Ndr), ci siamo impegnati personalmente affinché questo accordo vada nell’interesse dei settori che rappresentiamo.
A febbraio siamo partiti con le prime riunioni di allineamento con i direttori delle tre associazioni per stabilire un programma di lavoro. In relazione ai 5 punti programmatici del protocollo sono stati avviati tavoli di lavoro tematici dedicati a: processi di selezione e riciclo degli imballaggi flessibili, mercati di sbocco delle materie seconde, riciclo chimico, advocacy e attività di lobbying”.

Coinvolgerete altri enti e associazioni in questo percorso?
“È certamente nostra intenzione. Oggi gli imballaggi flessibili sono riciclabili al 70%, la sfida è riuscire a renderli riciclabili al 100%.  Non a caso, proprio all’interno del protocollo, abbiamo creato dei tavoli di lavoro molto specifici atti a individuare tecnologie e soluzioni per renderli riciclabili al 100%”.

È plausibile ipotizzare anche per l’industria dell’imballaggio flessibile un percorso come quello proposto dal consorzio Coripet che premia di fatto il cittadino/consumatore che conferisce le bottiglie in PET negli appositi contenitori?
“Coripet è un esempio virtuoso al quale ispirarsi. Noi, da questo punto di vista siamo ancora all’inizio ma ci stiamo lavorando grazie a CEFLEX, Circular Economy for Flexible Packaging, un lavoro di collaborazione al quale partecipano oltre 180 aziende, associazioni e organizzazioni europee.
All’interno del programma sono state sviluppate le CEFLEX D4ACE (Design For A Circular Economy), linee guida e tool per indirizzare il design del packaging in modo da essere in linea con le infrastrutture per la gestione dei rifiuti in termini di capacità e tecnologie di smistamento e riciclo”.

Le attività di lobby e informazione hanno fatto la loro parte, e direi anche con un ottimo successo. Ma quanto è difficile riuscire a farsi ascoltare da chi (Il Governo ndr.) poi deve prendere decisioni, spesso su tematiche che non conosce a fondo?
“In questa fase di transizione è essenziale fare sentire la propria voce per immaginare e progettare al meglio il futuro dell’imballaggio flessibile verso un’ottica di sempre maggiore sostenibilità.
Per questo dobbiamo diffondere conoscenza e cultura dell’imballaggio flessibile, essere proattivi e comunicare i nostri valori sia a livello comunicazionale che istituzionale.
Se costruisci relazioni e poni le basi per un dibattito costruttivo sedersi al tavolo dei decisori è possibile.
Per questo, in Italia con Giflex e in Europa con la nostra associazione di riferimento FPE (Flexible Packaging Europe) abbiamo attivato azioni di lobby e i primi risultati iniziano ad arrivare. Il recente protocollo d’intesa ne è un esempio”.

Ci può dare l’identikit del pack del futuro?
“Flessibile, naturalmente. Siamo in un momento di transizione complesso ma vorrei sottolineare che l’imballaggio flessibile è un alleato contro il climate change.
Milioni di tonnellate di CO2 sono generate dal solo trasporto globale di merci, le nostre confezioni sono leggerissime. A fronte del 50% di pack flessibili a scaffale usiamo solo il 15% del materiale totale utilizzato per produrre imballaggi.
L’imballaggio flessibile occupa meno spazio in fase di trasporto, sullo scaffale e a casa del consumatore. Noi produttori alleggeriamo costantemente il peso dei nostri materiali”.

Maggio sarà un mese di fiere e convegni, cosa avete in programma?
“Il 18 e 19 maggio si svolgerà a Roma il congresso Giflex dove affronteremo temi legati agli scenari geopolitici e macroeconomici che pesano sulle nostre imprese, parleremo di LCA e fine vita del pack, ci confronteremo con chi non la pensa come noi, ascolteremo quale ruolo gioca l’ecodesign. Inviteremo presenze istituzionali e ci saranno ancora tante altre novità ma non voglio anticipare proprio tutto!”