La Fondazione Carta Etica del Packaging è alla ricerca di ambasciatori, ovvero imprese che desiderino impegnarsi nella diffusione di una nuova cultura del packaging secondo i 10 valori della Carta Etica, acquisita dall’Istituto Italiano Imballaggio e diventata Fondazione nel pieno della prima ondata dell’emergenza Covid.
“Il packaging è dappertutto”, recita così la frase di apertura della home page del sito fondazionecartaeticapackaging.org , ricordando inoltre come ogni anno ognuno di noi entri in contatto con almeno 8000 imballaggi, che rappresentano di fatto un potente mezzo di comunicazione ma che obbligano anche tutta la filiera a riflettere su diverse tematiche legate non solo alla funzione primaria del packaging, ma anche a tutti gli aspetti di sostenibilità, riciclo, economia circolare.
Una cosa è chiara, questa emergenza sanitaria, senza il packaging sarebbe stata ulteriormente problematica da affrontare, ma se noi operatori del settore lo sapevamo da anni, ora ad averlo capito sono anche i consumatori, che se da un lato apprezzano le funzionalità del packaging, dall’altro richiedono giustamente maggiore chiarezza per quanto riguarda la gestione del fine vita.
Era lo scorso 29 maggio 2020 quando Anna Paola Cavanna, fresca di conferma per il suo secondo mandato alla Presidenza dell’Istituto Italiano firmò l’atto di nascita della Fondazione Carta Etica del Packaging, diventandone anche Presidente. Di fatto la Fondazione prese il nome della Carta Etica del Packaging, nata da una riflessione condivisa fra Edizioni Dativo e il Politecnico di Milano, che ha portato alla creazione di un documento con 10 valori utili ad accompagnare il packaging verso un futuro più consapevole.
L’Istituto Italiano Imballaggio, che rappresenta la filiera del packaging, ne aveva condiviso i principi sin dall’inizio, tanto che l’acquisizione che poi ne è scaturita è stato un epilogo naturale per poter avere a disposizione uno strumento per lo sviluppo di una nuova cultura di sistema.
Tra gli scopi della Fondazione vanno ricordati la promozione culturale, l’addestramento, la formazione e l’aggiornamento di soggetti che, a titolo professionale o volontario, operano nei settori di attività e la promozione o la partecipazione in attività di ricerca, sui temi di particolare interesse, nei settori in cui si esplica l’attività della Fondazione.
Tra le iniziative che la Fondazione intende intraprendere si segnalano le attività di carattere formativo, in collaborazione con gli atenei universitari, al fine di dare luogo a corsi di Alta Formazione con l’obbiettivo di preparare e affinare figure professionali sempre più richieste dalla filiera packaging.
Tanti i progetti già allo studio volti ad attualizzare l’immagine virtuosa dell’imballaggio, in linea con i bisogni della società moderna e dei 10 principi di fondo che reggono l’asse portante della Carta Etica del Packaging
A un anno esatto da quell’operazione, un anno eccezionale per il settore del packaging, abbiamo chiesto ad Anna Paola Cavanna di raccontarci quanto è stato fatto e i progetti per il futuro.
A tu per tu con Anna Paola Cavanna, Presidente Fondazione Carta Etica del Packaging
In un anno estremamente complesso, quali progetti siete riusciti a portare avanti?
“Il bilancio di questo primo anno di attività è estremamente positivo. Siamo partiti con la creazione di un sito caratterizzato da un’immagine fresca e allo stesso tempo istituzionale, il nostro biglietto da visita per farci conoscere, anche a livello internazionale, e per divulgare storie e notizie di packaging etici, progetti e contenuti d’innovazione scientifica. Naturalmente prestiamo grande attenzione anche al lato social.
È stato avviato il primo Corso di Alta Formazione (CAF) in Packaging Management, partito il 25 marzo in collaborazione con la Facoltà di Economia dell’Università La Sapienza di Roma, a cui partecipano 21 figure professionali già inserite in aziende che però sono interessate a migliorare le proprie competenze su temi legati al packaging sia in termini di management che in ambito workfield. Tra questi 10 aziende, socie dell’Istituto Italiano Imballaggio, hanno ottenuto una borsa di studio dalla Fondazione. Questo corso risponde a una precisa richiesta delle aziende in quanto in Italia non esisteva nulla di simile.
Altra attività a cui sta lavorando la Commissione Sostenibilità dell’III, ora “in pancia” alla Fondazione, è la creazione di un Algoritmo per arrivare a fornire uno strumento scientifico alle aziende atto a calcolare la sostenibilità del packaging misurando il parametro di Co2.
Infine patrociniamo il Best Packaging 2021, in un’edizione ispirata ai principi della Carta Etica nella quale la Fondazione ha istituito il premio “Packaging del futuro”.
Per ottenere un packaging sostenibile bisogna partire dal progetto, e il celebre contest dell’Istituto sarà un’occasione preziosa di vederli vivere nella fantasia e nei progetti delle imprese”.
Che cosa prevede la vostra agenda di lavoro da qui alla fine del suo mandato?
“Entro la fine del mio mandato che avverrà nel 2022 mi piacerebbe molto creare un network di imprese, enti, associazioni, consorzi, fondazioni della filiera del packaging che diventino sostenitrici dei principi della Carta Etica e dal quale possano emergere le figure degli Ambasciatori. La nascita della Carta nel 2015 era stata apprezzata ma forse i tempi non erano ancora maturi per dare un seguito concreto al progetto. Oggi, in un mondo radicalmente cambiato, esiste una domanda di sostenibilità che le aziende non possono più ignorare. Naturalmente abbiamo tante altre idee nel cassetto ma ne parleremo nella prossima intervista”.
Ci spiega la figura degli Ambasciatori della Carta Etica del Packaging e quale ruolo avranno?
“Innanzitutto comunico ufficialmente che la mia azienda Laminati Cavanna ha già inviato la prima domanda di adesione a questo progetto e che, una volta che verrà accettata dal consiglio di amministrazione della Fondazione, sarò il primo Ambasciatore della Carta Etica del Packaging. Spetta a noi, che abbiamo le competenze, fare chiarezza: è un impegno di civiltà. E i principi propugnati dalla Fondazione Carta Etica del Packaging sono principi di vita e di futuro. È un modo per guardare avanti, per fare network su progetti e visioni condivise. Si tratta di figure determinanti, in quanto gli Ambasciatori s’impegnano a operare in coerenza con i dieci punti della Carta, a darne opportuna diffusione, a promuoverne i valori e i contenuti”.
Quanto è difficile coniugare etica e packaging o meglio concretizzare i buoni propositi?
“Partiamo dal presupposto che la Fondazione non è mai contro un materiale o una filiera ma vuole farsi portatrice di valori sani e soprattutto garantire sicurezza e salute ai consumatori. Ogni materiale ha i suoi pro e i suoi contro e noi dobbiamo fornire una visione imparziale sia sui valori positivi che ogni materiale si porta dietro e anche su eventuali problematiche, perché la Fondazione sia sempre più uno spazio di confronto di idee, di stimolo e di diffusione di una cultura positiva. Noto con piacere, e mi piace anche pensare che il nostro lavoro stia dando i suoi frutti, che molte aziende utilizzano i nostri valori come linguaggio nelle loro comunicazioni; leggo sempre più spesso di etica, sostenibilità, responsabilità, segno che questo messaggio è sempre più sentito e condiviso.
Quanto più è facile, oggi, creare false notizie ed errate convinzioni, tanto più è doveroso arrivare alla verità scientifica. La Fondazione ha iniziato un percorso in questa direzione mettendo a disposizione contenuti su temi tecnici di attualità attraverso una rassegna scientifica. Essere ambasciatori di questo valore significa contribuire alla diffusione di contenuti corretti, diventando portatori sani di chiarezza”.
Alla luce di quanto accaduto, chiuda gli occhi e immagini il suo packaging ideale…come deve essere?
“Trasparente. Considero la trasparenza il valore più importante per molte ragioni. La verità su packaging stesso e sul prodotto che contiene determina la percezione della marca, la reputazione, l’affidabilità, il riacquisto, la fiducia. Ho citato elementi-chiave del marketing di prodotto e dell’identità di marca che passano tutti inevitabilmente dal packaging.
Senza packaging, il prodotto non esiste a livello di mercato; ma se ha un packaging ambiguo, incompleto, non chiaro, il prodotto e la sua marca ne risentono direttamente in modo negativo.
Per lunghi anni, il marketing ha sfruttato il registro delle emozioni, delle verità non dette o dette a metà, pur di sedurre e vendere. Ha dipinto un mondo ideale e desiderabile, ma a volte forse lontano dalla realtà e dalle priorità. La trasparenza è per me un atteggiamento mentale da adottare per essere coerenti con il nostro modo di fare impresa.
Chiudo dicendo che oltre al packaging ideale dovremmo pensare anche ad un consumatore ideale, informato da una comunicazione trasparente e formato a partire dalla scuola”.